Enologo da sempre, classe ’73, è nato ad Empoli. Emiliano Falsini, dopo la laurea ha iniziato a lavorare per il Gruppo Matura e ancora oggi ne fa parte come consulente. Le prime aziende in cui è cresciuto professionalmente si trovano in Toscana, e una, in particolare,a Bolgheri. Un posto, si sa, magico e che rapisce chi ama il vino. La prima azienda in cui ha lavorato e la bellezza del terroir, due motivi in più per decidere di intraprendervi una propria storia vitivinicola. Perché come si sa per un enologo che decide di fare vino in proprio è sempre come fosse la prima volta…
Ci parla di questo progetto personale a Bolgheri. Com’è nata l’idea? A cui si aggiunge anche l’Etna?
Dopo anni spesi a girare l’Italia avevo voglia di mettermi in gioco anche a livello personale con due piccoli progetti in luoghi che amo e che ho piacere di vivere ogni volta che ci vado. Per cui ho deciso di acquistare prima un piccolo vigneto sull’Etna, zona Feudo Pignatone (comune di Randazzo) e poi un terreno a Bolgheri, alle Sondraie. Due zone che, anche se molto diverse a livello enologico, esprimono nel mio intendimento la bellezza del vino italiano, da una parte l’Etna con il suo vitigno autoctono per eccellenza cioè il Nerello Mascalese, dall’altra un territorio che proprio quest’anno ha compiuto 25 anni di denominazione e che ha accolto vitigni internazionali facendoli propri e portandoli hai massimi livelli qualitativi.
Di cosa si tratta?
Di un appezzamento nel territorio di Bolgheri di circa 4 ettari, che impianterò a breve, nel frattempo grazie alla disponibilità di un amico ho vinificato, già a partire da quest’anno, un po’ di uva Cabernet Franc, la varietà che intendo produrre principalmente a Bolgheri. Le due aziende porteranno il mio nome.
Sono anni chiave per la sua professione, le cantine che segue hanno ottenuto punteggi esteri importanti… insomma c’è tanto da fare…
Effettivamente in questo periodo c’è molto da fare, anche perché lavorando in molte regioni italiane i viaggi sono frequenti e nel periodo vendemmiale le aziende esigono una presenza più assidua. E’ comunque sempre stato il mio modo di intendere il lavoro, non mi sono mai tirato indietro davanti alle nuove sfide.
Il punteggio di cui va più fiero se c’è…
Ce ne sono diversi, tanti anni fa un’azienda di Bolgheri, Casa di Terra, entrò nella Top Hundred di Wine Spectator con il Bolgheri rosso. In quel momento non gli diedi molta importanza ma oggi mi rendo conto che invece lo era: sia per me giovane enologo che per l’azienda stessa. Alcuni anni dopo un’altra azienda di Bolgheri Giovanni Chiappini prese 100/100 da Monica Larner attuale referente di Wine Advocate per l’Italia. Un punteggio che ancora oggi mi rende orgoglioso perché ottenuto con una piccola realtà a cui sono molto affezionato, essendo la mia prima azienda con cui ho collaborato. Qualche anno fa l’azienda l’azienda sull’Etna di Girolamo Russo fu premiata: lui ottenne il riconoscimento come vignaiolo dell’anno. Una sorpresa piacevolissima perché in pochi anni questa azienda era arrivata nel gotha delle italiane. E poi ci sono gli ultimi premi che mi riempiono di orgoglio: l’Etna Arcuria Sopra il Pozzo 2015 nei migliori 5 vini italiani secondo il Corriere della Sera insieme ai mostri sacri dell’enologia italiana, unico vino del sud ed un tributo alla Sicilia e all’Etna. Infine un grande premio al Carmignano Riserva 2016 Piaggia premiato come Rosso dell’Anno dalla Guida Gambero Rosso, un vino di una piccolissima denominazione a cui sono legato essendo nato a pochi chilometri .
Si muove in tutta Italia, ma c’è una zona che preferisce?
Con molta probabilità sono proprio le zone dove ho deciso di produrre qualche bottiglia di vino, cioè Etna e Bolgheri, due territori in grado oggettivamente di produrre grandi vini e che anche da un punto di vista ambientale mi rendono felice.
Ha iniziato giovanissimo, come sono cambiate le cose da allora? Come si è evoluto il ruolo di enologo?
Ho iniziato molto presto, alla fine di un periodo di grande euforia in tutta Italia e di rinascimento enologico, quando fare vino buono era sicuramente più facile di oggi perché si veniva da una situazione, in molti casi di scarsa qualità. Oggi il livello medio italiano è molto alto, ci sono ancora situazioni in cui la qualità è male interpretata ma mediamente il vino gode di buona salute qualitativa. Per noi enologi è sicuramente più complicato interpretare i vari stili, le esigenze del mercato e del produttore ma anche molto più stimolante perché, almeno nel mio caso, posso dare libero sfogo alla mia creatività e, insieme ai vari produttori, avventurarmi ad esplorare.
Oggi che posizione occupa l’enologo in una cantina?
L’enologo insieme al produttore riveste un ruolo chiave all’interno dell’azienda, soprattutto il ruolo dell’enologo consulente garantisce un costante rapporto con quello che succede in altre realtà. Spesso siamo chiamati ad interpretare, oltre al ruolo tecnico, anche quello di consiglieri e divulgatori.
Ha mai avuto un mito professionale e perché?
Onestamente no, forse perché sono arrivato in questo mondo in punta di piedi e senza conoscenze particolari. Devo tuttavia ringraziare Attilio Pagli e Alberto Antonini che mi hanno aiutato in questo percorso dandomi fiducia appena uscito dall’Università e avviandomi a questa professione bellissima.
Cosa un enologo non deve mai dimenticare?
Sensibilità, rispetto e passione. Ma possedere anche doti naturali di degustatore….
Essere un buon enologo significa…
Nel mio caso calarsi nella realtà aziendale, interpretarne le esigenze e dopo renderla protagonista di un territorio
Come vede il mondo del vino tra vent’ anni?
Lo vedo in continua evoluzione. Bisognerà cercare di interpretare al meglio i feedback che arriveranno dai nuovi giovani consumatori e dai nuovi paesi. Inoltre il settore tutto si troverà di fronte a sfide importanti nell’ambito del rispetto ambientale, della sostenibilità e, mi auguro, della salvaguardia delle diversità organolettiche che sono poi i fondamenti del vino italiano.
Perché si sceglie questo mestiere?
Fondamentalmente perché si ama il vino, non ci sono molte altre motivazioni plausibili.
Qual è il vino che avrebbe voluto fare e quello che farà?
Di vini che avrei voluto fare che ne sono molti. In generale avrei voluto e vorrei fare più vini nel Chianti Classico ed a Montalcino, zone bellissime, con una varietà che amo, il Sangiovese. Per questo in futuro sposterò le mie antenne proprio in quelle zone.